27 marzo 2011

La metà oscura - Stephen King

Con questo romanzo King dà vita ad un giallo apparentemente classico, intriso della stessa atmosfera noir e thriller del Dario Argento anni ’70. C’è un killer implacabile e feroce armato di rasoio a serramanico che uccide senza pietà tutte le persone sulla sua lista, mentre la polizia ed il protagonista, ultima vittima designata, cercano di fermarlo. Il romanzo si regge però su un punto cardine del tutto Kinghiano, l’elemento soprannaturale che contraddistingue la natura stessa dell’assassino. Egli infatti non può esistere davvero, essendo solo un alter ego letterario, tale George Stark, che il protagonista Thad Beaumont decide di “terminare”- rivelando ai media la sua natura puramente fittizia – per fare pubblicità al suo nuovo romanzo. Sotto lo pseudonimo di Stark aveva infatti scritto i libri più fruttuosi della sua carriera, descrivendo però la figura di un assassino tanto feroce e spietato da volersi nascondere dietro ad un’identità fasulla. George Stark però non vuole essere cancellato e tutte le persone connesse alla sua eliminazione – addetti stampa, agenti letterari, redattori e fotografi dell’articolo di giornale che rivela la sua simbolica “dipartita” – cominciano a venire trucidati uno dopo l’altro.

   Se è vero che King liquida troppo presto la pista del forse-lo-scrittore-stesso-è-schizofrenico-ed-è-lui-ad-uccidere-la-gente-credendo-di-essere-il-suo-alter-ego, è anche vero che la maggior parte dei suoi lettori trova una sorta di affettuosa familiarità con la tematica del soprannaturale e dei fantasmi incarnati, topic a mio parere sviluppato meglio in altri suoi romanzi (Shining, IT, Tommyknocker, Per Sematary…). Quello che poteva essere un colpo di scena interessante –  l’incipit del tumore rimosso che poteva lasciare campo libero ad un’eventuale risoluzione di tipo fisico e realistico à la Ken Follet – viene invece bruciato con una semplice rivelazione del chirurgo verso la fine del libro, dalle cui parole il lettore non scopre nulla di nuovo. La risoluzione della vicenda arriva quasi da sola, senza che il protagonista abbia detto o fatto niente di particolare per realizzarla. Il romanzo che da molti è definito un classico mi ha lasciato in bocca il sapore di un’occasione sprecata, di spunti interessanti lasciati a consumarsi in un braciere. Quello che ritengo interessante è invece la tematica metanarrativa, ossessiva e ricorrente in King, del voler narrare storie di persone che narrano storie, attraverso la quale l’autore cerca di far capire quanto può essere ambiguo scrivere romanzi che i lettori finiscono per confondere con l’autore stesso.  Una tematica simile si ritrova anche in Misery, Shining, 1408 e tanti altri. Scrittori alcolizzati e tormentati dai propri demoni, rapiti ed abusati da quegli stessi lettori esigenti che si divertono poi a giudicarli. King dà vita ad uno pseudonimo malvagio e lo mette in croce, cancellandolo, come a voler marcare una linea netta tra l’uomo e le sue creazioni letterarie. La vicenda di La Metà Oscura ricalca inoltre ciò che a King è realmente successo, ovvero l’aver dovuto “seppellire” il suo pseudonimo Richard Bachman dopo che la sua natura fittizia era stata smascherata da un operatore del settore, che si era accorto che le fatture del presunto autore riportavano come iniziali le lettere S.K. invece di R.B. ed aveva cominciato ad indagare. Bachman era per King la maschera sicura dietro a cui scrivere romanzi sperimentali e poco mainstream, come il misconosciuto Ossessione, senza la preoccupazione di doversi giustificare davanti al grande pubblico per la violenza o la malizia insita in quello che scriveva. Che  La Metà Oscura sia un capro espiatorio o un semplice divertissement sul tema, forse solo chi ha provato a scrivere sentendosi nudo ed inerme può arrivare ad apprezzarne appieno la complessità. Ed arrivare infine a chiedersi: se prendesse vita il George Stark che è dentro di me, come sarebbe?

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