(per chi non abbia letto il primo
volume della trilogia, questa recensione contiene spoiler)
L’universo descritto da Blake
Crouch in I Misteri di Wayward Pines
acquisisce maggiore coerenza con il secondo volume, Wayward Pines 2 – Il Bosco, secondo tassello di una trilogia. Gli unici elementi della storia che nel primo volume non convincevano troppo ed apparivano come un collage raffazzonato
di generi diversi e tardivi deus ex
machina per motivare l’intera storia – le capsule di sospensione temporale,
così come le creature mostruose oltre la barriera – concorrono qui a delineare già
in partenza uno scenario conosciuto al lettore pur nella sua ‘estraneità’ e ben
definito nei suoi limiti. I microchip, lo squillo dei telefoni, i sorrisi di
circostanza, tutto assume qui una connotazione più sinistra ed inevitabile,
data la consapevolezza di come stanno davvero le cose...
Il ribaltamento di
prospettiva offerto dalla promozione del protagonista Ethan Burke – da fuggiasco
a sceriffo – permette di scoprire in che
modo sia realmente gestita e tenuta sotto controllo la città, come e quando sia
stata creata, quali siano le reali speranze di vita dei cittadini e soprattutto
i compromessi richiesti: rinnegare il proprio passato, giustificare l’omicidio,
accettare la perdita dei propri legami affettivi in favore di quelli fittizi. La
natura stessa di Wayward Pines ne rappresenta la sua più grande contraddizione:
immensa prigione per l’umanità e sua unica salvezza. L’impianto da Truman Show non ha di per sé nulla di
nuovo, ma la sua originalità consiste nel rendere tutti gli abitanti potenziali
vittime, invece di averne una sola predesignata. Questo moltiplica in maniera
esponenziale le possibilità degli archi narrativi legati ad ogni singolo
personaggio ed alle sue scelte, rendendo la lettura più avvincente anche grazie
ad un’aumentata empatia. Non solo si conoscono già i personaggi dal primo
libro, ma appare sempre più evidente come il vero motore della narrazione sia l’amore
per i propri cari: la volontà o l’impossibilità di ritrovarli, la disperazione
di perderli, la scelta di rimpiazzarli con affetti di ripiego imposti da una
dittatura che prevede la morte – o la riconsiderazione
– di chi non si adegua alle regole. Per quanto tenuti all’oscuro di molte
verità, tutti i residenti ricevono un manuale di comportamento e sanno di
doversi attenere ad azioni preordinate, volte a perpetrare la finzione di una
vita perfetta, ma priva del valore più grande: il libero arbitrio. Lo stesso protagonista,
nel timore che la cittadina organizzi una fête con la sua
famiglia come ospite d’onore, si trova a doversi trasformare da vittima a
carnefice, a cercare di convincere i nuovi arrivati ad accettare quelle regole
che lui stesso nel primo capitolo aveva tentato di rifuggire. Perché chi vive a
Wayward sa che una fête non è una vera festa… Durante
questo difficile processo di adattamento Ethan scopre però l’esistenza di una
resistenza sotterranea, che potrebbe rappresentare una nuova speranza. Ma fare
il doppio gioco non è mai semplice, soprattutto quando si tratta di scegliere
tra la salvezza della propria famiglia e quella di un’amante per la quale
brucia ancora il fuoco della passione.
Wayward Pines 2 – Il Bosco è un più che valido secondo capitolo,
forse meglio del primo. E prepara la strada ad un capitolo finale che si
preannuncia come uno scontro epico. Recita la quarta di copertina: Benvenuti a Wayward Pines, popolazione 461.
Ieri è storia. Domani è un mistero. Oggi è un regalo.
Cliccando qui trovi la recensione del primo volume della trilogia, I Misteri di Wayward Pines, oggi in ristampa come Wayward Pines 1 - I Misteri.
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