La recensione contiene
spoiler:
Quella Casa Nel Bosco
è il debutto alla regia di Drew Goddard, da un soggetto sviluppato con Joss
Whedon e prodotto in collaborazione con la sua casa di produzione, la Mutant
Enemy.
Il film, prodotto nel 2009 ma distribuito solo nel 2012 per via di controversie
produttive, gode dell’ottima fotografia di Peter Deming (già direttore della
fotografia per film del calibro di Mulholland
Drive, Drag Me To Hell, vari Scream e La Casa 2, dal cui capostipite Quella
Casa Nel Bosco trae molte ispirazioni) , ma purtroppo ha la pretesa di essere
un’opera metafilmica che finisce con non essere né un horror né una commedia, ma
solo un grande minestrone di generi e di personaggi.
La premessa pare
scontata, come in ogni film dell’orrore che si rispetti: cinque ragazzi che
ricalcano lo stereotipo (la bellona, il figo, la timida…)
vanno a passare un weekend in una baita di campagna. Ma dal primo istante si sa
che è in atto un esperimento, nel quale i ragazzi sono monitorati e pilotati
verso la loro destinazione, a loro insaputa.
Già dalle prime inquadrature tutto
grida “sto ricalcando situazioni, scenografie e intere scene da La Casa di Sam Raimi, perché voglio
metterle sul vetrino del microscopio ed usarle per farti ragionare su qualcosa”.
In particolare: l’arrivo alla baita, il momento della conversazione di gruppo
in cui si colpo si spalanca la botola, l’idiozia dei cinque che decidono di
scendere in cantina a controllare, il diario rinvenuto su cui leggono la
formula ad alta voce che risveglia i morti…e avanti così. Non si riesce però a
calarsi nell’illusione di un revival, perché in quei brevi momenti in cui si
crea un minimo di tensione, l’inquadratura stacca e mostra un gruppo di scienziati
che osservano il tutto da giganteschi schermi tv in una sala di controllo di un
bianco accecante, facendo commenti ridicoli, scommettendo su cosa accadrà e mangiando
patatine, tanto che il primo pensiero che viene vedendo il film (stanno conducendo un esperimento in stile
Grande Fratello) diventa in breve stanno
testando scene e situazioni di film horror per vedere quali risultano più
efficaci. Non risollevano le sorti del film un paio di omicidi fuori campo,
né tantomeno le scene in cui le bambine giapponesi esorcizzano la Samara di The Ring. Dopo alcune scene prevedibili
(il salto con la moto) ed occasioni sprecate (la bionda che limona col lupo) la
narrazione cambia registro e si sposta sotto terra, quando i superstiti
riescono ad arrivare proprio nel laboratorio da cui gli scienziati controllano
tutto (Piccola postilla: soggetto, sceneggiatura e regia di questo film appartengono al creatore e sceneggiatore di Buffy l’Ammazzavampiri: nel corso della quarta stagione di Buffy si scopre che sotto il college
c’era un laboratorio segreto – identico a questo – con una moltitudine di
mostri e creature mutanti, tenuti chiusi in celle trasparenti, sezionati e
studiati) . Qual è il geniale twist degli sceneggiatori di questo film?
Ricalcare quello stesso espediente già usato da loro anni prima in Buffy: un bel laboratorio con tutti i mostri
conosciuti rinchiusi in celle trasparenti, che vengono utilizzati dagli
scienziati. Questo, unito ad una CGI a dir poco grossolana (mentre fino a quel
momento gli effetti speciali del film erano stati degni di nota) dà tutta
l’impressione che pezzi di brutti telefilm siano stati incollati al film
iniziale senza continuità, degenerando in un delirio in cui cloni tarocchi di
celebri cattivi dell’orrore (il Cenobita di Hellraiser,
il clown di IT, Alien e molti altri) si scatenano, fino ad un finale in cui spunta addirittura
Sigourney Weaver solo per fare un monologo di due minuti e finire in un burrone,
mentre i superstiti attendono la morte imminente fumando uno spinello.
L’unico pregio di
questo film è voler insinuare l’idea che tutti i film dell’orrore del mondo
sarebbero veri, e che i mostri sarebbero sempre mandati in superficie da questi
gruppi di scienziati per offrire in sacrificio i ragazzi uccisi ad antichi dèi
del sottosuolo, per prevenirli dallo scatenare l’inferno sulla terra. Detto
questo, l’idea è stata sviluppata male e realizzata peggio. Il fatto di non
avere i diritti di sfruttamento cinematografico di molti di questi personaggi (Hellraiser, IT…ecc) ha prodotto i ‘tarocchi’ che si vedono nel film (un
cenobite senza chiodi, con un lament configuration box tondo invece che a stella,
un IT penoso che sembra un tizio qualunque truccato da clown – e che alcuni purtroppo avranno già visto un
altro episodio di Buffy in cui i mostri degli incubi prendevano vita – sic!),
che danno una sensazione di sciatteria messa insieme alla bell’e meglio.
Incongruenze nella sceneggiatura (gli scienziati monitorano con telecamere e
microfoni i ragazzi da prima ancora che arrivino alla baita, ma nessuno si era
accorto che uno di loro non fa altro che fumare spinelli per tutto il tempo? Come
si spiega che il sangue delle vittime venga incanalato e riversato nel
sottosuolo tramite le manovelle azionate dagli scienziati, se alcuni dei corpi
finiscono sott’acqua o in fondo ad un crepaccio? E poi: cosa c’entra Sigourney
Weaver con questo film?) non aiutano la resa finale. E la cosa più grave, già
ribadita: i momenti di tensione sono pochi e rovinati dai continui stacchi nel
laboratorio, che allontanano dalla situazione e fanno pensare alla condizione dello
spettatore nel cinema, o ancora peggio ad una sala di montaggio durante la
scelta delle scene da editare.
Cinema alto…?
Metacinema? Ci si può riempire la bocca a commentare quanto questo film ‘faccia
pensare a…’ : lo stereotipo dei giovani nei film horror che vengono mandati al
macello, il distacco dello spettatore medio, le logiche produttive, il perché
ci sia sempre una vergine che si salva alla fine, il perché le situazioni siano
sempre tutti uguali e via dicendo. Il problema di fondo è che un film horror
deve fare paura e questo non ne fa neanche un po’. Tutte le riflessioni che se
ne generano a posteriori sono poco più che una masturbazione intellettuale per
un film che parte bene e finisce in modo mediocre, non mantenendo le
aspettative di chi vuole vedere un film dell’orrore.
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