5 maggio 2012

Saga - Tonino Benacquista


Saga è una commedia solo in apparenza leggera sulla fiction televisiva, un romanzo che per la sua attualità meriterebbe una riedizione immediata. Edito nel 1997, ad oggi risulta fuori catalogo ed è possibile reperirlo con un po’ di fortuna solo su internet. La vicenda prende le mosse da un antefatto semplice: quattro sceneggiatori sull’orlo della disoccupazione vengono riuniti e messi sotto contratto per scrivere una fiction da trasmettere in piena notte, in una fascia di ascolto prossimo allo zero. L’operazione avrà il solo scopo di sopperire ad una quota di produzione nazionale, senza nessun reale interesse di guadagno, per cui gli sceneggiatori potranno sviluppare la storia in qualunque modo vogliano e senza nessun vincolo, se non quello legato ai costi produttivi: data una decina di personaggi e pochi ambienti fissi in interno, dovranno scrivere una stagione di ottanta puntate.

 
E’ così che la spalla di un grande maestro del cinema, una scrittrice di romanzi d’amore, uno studente di sceneggiatura e l’ideatore di un colossal cinematografico derubato dei diritti della sua opera cominciano a passare le loro giornate gomito a gomito, ponendo le basi per sviluppare il loro progetto di lunga serialità, dal nome Saga. Armati di computer e tv, un conto aperto alla pizzeria all’angolo e un piccolo ufficio, danno vita ad un telefilm che per la sua originalità ed eterogeneità di contenuti comincia a diventare sempre più visto ed apprezzato, fino ad arrivare in prima serata. Nel momento in cui il telefilm diventa un caso nazionale - cominciando a smuovere non solo le sorti televisive ma anche l’economia del paese, nonché le mire politiche di chi vorrebbe utilizzarlo per strumentalizzare le masse - gli sceneggiatori si trovano a fare i conti con i propri problemi personali, ma allo stesso tempo anche con le logiche del mercato produttivo televisivo. Nonostante il parossismo di alcuni sviluppi narrativi il romanzo è intelligente, soprattutto quando entra nell’analisi dell’effetto di assuefazione che la serialità televisiva produce sui suoi spettatori. Peccato per il finale poco brillante, ma questo non toglie valore ad un’ opera in grado di parlare di una materia affascinante con un linguaggio accessibile a tutti e di porre domande fondamentali: che valore diamo a quello che vediamo in televisione? E quanto le cose che guardiamo influenzano il nostro comportamento e il nostro umore, incidendo sulle nostre vite?

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