8 dicembre 2012

Il Traghettatore - William Peter Blatty


Il Traghettatore è un tipico romanzo di fantasmi che ripropone i classici stilemi della letteratura e della cinematografia di genere. Non vi è un solo elemento che non sia già stato utilizzato e reso famoso altrove. L’atmosfera è sospesa e rende bene l’idea di mistero, i personaggi ben caratterizzati e la narrazione comprende quasi tutti gli elementi che ci si aspetta di trovare. Di contro, lo svolgimento della narrazione è gestito in modo maldestro, lasciando capire quasi subito la realtà che si cela dietro a tutte le argomentazioni e gli avvenimenti lasciati in sospeso (una su tutte, il nome della magione: Elsewhere, l’altrove…), tanto che quando viene rivelato il finale, non è affatto una sorpresa. I personaggi, stretti nelle loro colorate caratterizzazioni, sono macchiette in due dimensioni, ben differenziati tra loro ma incapaci di mutare e di sembrare reali. La protagonista, poi, ricorda fin troppo da vicino la donna risoluta e sboccata che è stata la madre della piccola Regan nel grande capolavoro di questo autore, L’esorcista, da cui è stato tratto il celebre film di William Friedkin. L’impressione è che l’autore abbia riunito sotto lo stesso tetto personaggi e situazioni classiche a lui care, con tanto di citazioni dirette di illustri predecessori –Shirley Jackson su tutti – per mettere in piedi una storia di fantasmi ambientata ai giorni nostri, che però non rivoluziona e non modernizza in alcun modo il genere, né riesce a renderlo accattivante o sorprendente. Ma forse non è mai stato questo l’intento dell’autore. Basti pensare alla scena di Joan e Terry che si abbracciano per la paura chiusa nella stanza da letto di lei, dopo che lui l’ha raggiunta dalla stanza comunicante.

La porta è chiusa a chiave, un forte rumore sordo colpisce le pareti del corridoio e si avvicina, mentre da lontano si sentono versi simili al ringhio di un cane. Fino al momento in cui gli altri due personaggi entrano in camera e dicono di non aver udito niente. Questa è la stessa, identica scena descritta dalla Jackson in L’incubo di Hill House, che avviene tra i personaggi di Eleonor e Theodora. Scena che tra l’altro viene riproposta quasi identica anche nella due trasposizioni cinematografiche ad opera di Robert Wise (Gli Invasati) e più tardi da Jan De Bont (The Haunting). Allo stesso modo altri momenti ricordano sedute spiritiche, apparizioni e avvenimenti già visti o letti altrove. Ad esempio in The Others. L’impressione di fondo è che Il Traghettatore non si ponga come romanzo fatto e finito in sé, ma che si configuri più che altro come un grande omaggio alla letteratura di genere assemblato sulla scorta di celebri citazioni.

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