Heidi Hawthorne vive a Salem, ha
lunghi rasta biondi ed è una dj della radio WKXB. Ha un labrador che la adora,
un passato da tossicodipendente che le è costato la morte del suo migliore
amico e tre colleghi affezionati che vegliano su di lei affinché non ricada
nella sua dipendenza. Sorvolando sul fatto che i colleghi vengano dipinti come i
protagonisti del film Boogie Nights
di Paul Thomas Anderson, il quadro sembra idilliaco. Ma purtroppo Heidi è anche
una discendente del reverendo John Hawthorne, che centinaia di anni prima aveva
mandato al rogo una congrega di streghe sul punto di far nascere il figlio del
diavolo. Così, come nella più classica delle fiabe, Heidi riceve alla radio un
regalo che non è quello che sembra: non una mela, non un arcolaio dal fuso
appuntito, ma una scatola di legno con incisi strani simboli, che contiene un
disco in vinile di un gruppo chiamato Le Streghe. Inutile dire che la decisione
di farlo ascoltare in diretta durante la sua trasmissione radiofonica sarà una
pessima idea. Ed è qui che la fiaba finisce e comincia lo splatter più estremo,
fatto di visioni orribili, essere sanguinolenti e mostruosi che cercano di
possederla e vicine di casa invadenti che cercano a tutti i costi di farle bere
del tè rilassante.
*la recensione che segue contiene spoiler*
A prescindere da chi sia il vero
autore del romanzo – probabile che sia stato scritto da B.K. Evenson e che Rob Zombie abbia fatto da prestanome, avendo girato il film tratto dal
romanzo ed uscito a pochissima distanza da questo – è innegabile che sia
debitore al Rosemary’s Baby di Ira
Levin.
Anche lì infatti una donna cominciava
ad avere visioni e a subire le visite invadenti di vicine troppo interessate alla sua vita, che le
portavano in dono tazze di tè speciale e per lo stesso identico motivo: farle
partorire il figlio del diavolo, evento che puntualmente si verifica alla fine
di entrambi i romanzi.
La prosa è scorrevole e le
visioni oniriche che irrompono nel quotidiano di Heidi sono descritte con una
nitidezza tale da apparire come immagini visive, quasi un equivalente
letterario di Allucinazione Perversa
di Adrian Lyne o de Il Seme della Follia
di Carpenter. Anche gli omicidi, per la loro violenza estrema, richiamano
immagini cinematografiche, in particolare La
Terza Madre di Dario Argento e non a caso. Il romanzo sembra impregnato dalla
corrente del Romanticismo letterario inglese – gli scenari onirici di
Coleridge, il simbolismo di Blake ed il decadentismo infernale di De Quincey –
seppur in chiave postmoderna. Lo stesso Dario Argento ha tratto
ispirazione proprio dal Suspiria De
Profundis di De Quincey per girare il suo Suspiria, capostipite della trilogia di madri infernali che vede la
sua conclusione proprio ne La Terza Madre.
Ad ogni modo è facile pensare che il romanzo sia stato scritto già con l’intento
di trarne un film, facendolo emergere dalla giustapposizione di immagini che
fossero facilmente traducibili a livello cinematografico ed immediatamente
riconoscibili dal pubblico mainstream del panorama horror attuale.
Date le differenze tra il romanzo ed il film, soprattutto per quanto riguarda il finale, è possibile ipotizzare che i due prodotti siano stati pensati per essere fruiti in modo complementare: il film per esplorare l'aspetto più visivo e simbolico delle visioni di Heidi da un punto di vista soggettivo, mentre il romanzo per ricercare la verità oggettiva di quanto sia successo, prendendo anche il punto di vista degli altri personaggi.
Ma se di simbolismo si tratta, ne
Le Streghe di Salem va cercato più
nell’immediatezza anatomica dei mostri e delle creature evocate dalle visioni
di Heidi più che non negli elementi della natura. Dalla creatura tentacolare
che le spruzza nell’utero il seme nero, al feto abnorme e gigantesco dagli
occhi rossi che le si avvicina a più riprese, tutto sembra mimare l’atto
della copula infernale e del mostro che ne verrà alla luce, con un linguaggio
descrittivo che mira a richiamare creature dell’immaginario cinematografico e
ludico, come La Covata Malefica di
Cronenberg o gli zombi striscianti di Resident
Evil e Silent Hill.
Va poi considerato lo sforzo di
incentrare la narrazione sul momento storico della Caccia alle Streghe e della
volontà degli autori di porsi nel mezzo dei gruppi storicamente contrapposti –
gli inquisitori e le presunte streghe – senza mai prendere davvero le parti di
nessuno. Le streghe erano davvero spietate reiette della società che trovavano
negli omicidi rituali il tentativo di comunicare con gli inferi? Oppure erano
solo donne plagiate, che venivano torturate ed uccise dai crudeli inquisitori
cristiani per una forma di isteria storica collettiva?
Nel complesso, Le Streghe di
Salem è un romanzo che incorpora elementi narrativi e descrittivi storici,
letterari e cinematografici di epoche differenti per presentare un Rosemary’s
Baby dei giorni nostri, benché ad un buon crescendo di tensione iniziale segua
poi uno svolgimento fatto solo di omicidi e di visioni sempre più violente
senza un vero twist finale.
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