Libera il tuo Tulpa, ripete come
un mantra Nuot Arquint, nel ruolo del proprietario di un misterioso club
privato. Arrenditi al tuo Tulpa. Non c’è altro modo di sciogliere il nodo che
blocca la tua vita. Tulpa è, secondo
la filosofia tibetana, la parte segreta di noi stessi, quella che si tiene
nascosta, in attesa di essere liberata per esprimere e liberare la nostra vera
essenza. Allo stesso modo gli iscritti al club si spogliano della loro identità
sociale e danno sfogo ai loro istinti, guidati e protetti dall’anonimato
garantito dal guru Kiran. Fino a quando un assassino non comincia ad ucciderli
uno ad uno nei modi più crudeli, stringendo un cerchio attorno a Claudia
Gerini.
Il film riprende e rielabora in modo contemporaneo l’iconografia e lo
stile dei gialli di Argento degli anni ’70, così come di alcuni albi di Bonelliana memoria di Dylan Dog (come ad esempio “I delitti della mantide”). Quello che si vede sullo schermo non sembra una copia o un plagio, ma
un vero atto d’amore e d’ispirazione a questa corrente, che viene in parte
rievocata da scene chiave ben riconosciute dagli estimatori, ed in parte
rielaborata e reinventata per un pubblico moderno. Se per qualcuno non è troppo
difficile capire chi sia l’assassino partendo da queste basi – il tipico
canovaccio di questi racconti consiste nel presentare personaggi volutamente
loschi per insinuare il dubbio sull’identità dell’assassino, solo per poi
stravolgere il tutto con una rivelazione che poteva essere shock negli anni ’70,
forse un po’ meno adesso – Zampaglione mette comunque in scena un giallo
coinvolgente a più livelli, con omicidi gore che si soffermano sull’estetica
del delitto e non invece sulla pornografia della tortura, risultando per questo
più ‘eleganti’ e meno gratuiti. Tulpa
riesce a creare momenti di tensione, a far saltare sulla sedia quel tanto che
basta a provocare uno spavento, un disgusto subitaneo, per poi tornare di
continuo su una Gerini algida ma non troppo, calata nel ruolo di donna manager
che cerca di venire a patti con la doppiezza del suo animo e con la soluzione
dell’enigma. Si apprende che il Tulpa può prendere forma umana e venire
liberato nel mondo, per compiere omicidi ad insaputa del suo creatore, mentre solo
un monaco armato di pugnale rituale può fermarlo. La verità che si nasconde
dietro gli omicidi può così essere letta in due modi differenti a seconda che
la prospettiva sia quella delle vittime o dell’assassino, mentre tutti i protagonisti
in scena potrebbero essere l’omicida, compresa la stessa Gerini. E’ il suo
Tulpa che ha preso forma ed uccide? E’ quello di qualcun altro? E’ un essere
umano o un demone incarnato? Il film è interessante non solo per quanto
riguarda la trama e la sua risoluzione, ma anche dal punto di vista visivo e
sonoro, con una fotografia che ricorda sì atmosfere à la Argento ma calate in un contesto metropolitano contemporaneo, unite ad una
colonna sonora sensuale. Tulpa è un
thriller affascinante che mantiene le sue promesse: nostalgico senza però
essere retrò, citazionista quanto basta – forse giusto un pelo di troppo – ed
indubbiamente forte, dato il tema trattato.
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