9 novembre 2013

The Last Will and Testament of Rosalind Leigh - Rodrigo Gudino

The Last Will and Testament of Rosalind Leigh è un horror psicologico che si regge su un solo attore, Leon, più la grande protagonista silenziosa dell’intera vicenda: la splendida casa barocca traboccante di oggetti sinistri ed icone sacre che viene lasciata in eredità al protagonista dalla madre deceduta. Arrivato sul posto con l’intento di decidere cosa fare dell’eredità, l’uomo comincia a ricordare il passato vissuto con la madre fanatica, che ha cercato di renderlo un credente fino al giorno in cui lui se n’è andato e non è più tornato indietro. Mentre si aggira per la casa facendo l’inventario degli oggetti si rende conto che la madre ha voluto lasciargli un ultimo messaggio, nascosto in una serie di indizi attorno a lui. Dopo aver trovato un’audiocassetta che spiega come mettersi in contatto con i morti, turbato anche dalla scoperta che la casa fosse stata il ritrovo di una setta di fanatici religiosi devoti agli angeli, di cui la madre stessa era membro, Leon cerca di comunicare con lei. Comincia quindi ad essere tormentato dalle presenze che avevano afflitto anche la madre in quella casa, fino a portarla alla morte. Ma quanto di quello che lui vede o sente è reale e cosa invece è frutto della sua psiche, resa fragile dal lutto e dal senso di colpa? La madre cercava forse di renderlo un credente in modo che le fede potesse proteggerlo da qualcosa di più oscuro?

    L’intero film mostra quasi per intero un unico protagonista, mentre tutte le persone con cui lui interagisce si configurano come voci di cui non vediamo mai la fonte: vicini dietro la porta di casa, conoscenti al telefono. Voci dall’oltretomba. L’intento sembra quello di calare lo spettatore in uno stato di isolamento, a replicare la sensazione di solitudine vissuta dalla madre deceduta che Leon comincia a percepire.
    Il set in cui è ambientato il film è un capolavoro visivo, incredibilmente ricco di dettagli. I movimenti di macchina che scivolano lungo i corridoi, esplorando ogni credenza ed ogni oggetto esposto, creano un’inquietudine ed un angoscia capaci di rendere spaventosi anche una semplice mano che spunta da una porta o una statua che si muove. Al di là della tematica horror, il film parla del rapporto tra una madre e un figlio, della rottura dei legami familiari e della tristezza estrema che ne scaturisce, portando con sé la follia ed il frantumarsi di ogni certezza.
    Benché statico il film merita almeno una visione, se non altro per l’ambientazione suggestiva e la capacità molto rara di creare ansia e tensione senza ricorrere ai tipici cliché di sangue ed omicidi. Terrificante la scena in cui Leon sente una creatura avvicinarsi a lui, mentre l’amica al telefono cerca di convincerlo che lì non ci sia nessuno. Unica pecca del film, il ricorso ad una brutta grafica digitale per realizzare alcune delle scene allucinatorie.
    Non è chiaro se la casa sia davvero abitata dallo spirito della madre e dalle altre presenze o se tutto sia il frutto della mente sconvolta del protagonista ateo, che si trova costretto a dover fare i conti con l’eredità di una madre profondamente religiosa e convinta che l’anima vivesse in eterno dopo la morte. Il finale arriva poi a svelare una semplice verità (spoiler): che il mostro che tormenta Leon dal momento in cui cerca di mettersi contatto con la madre, altro non era che l’incarnazione della solitudine che ha portato la madre alla morte, nel momento in cui si è resa conto di aver perso suo figlio per sempre. Ed instilla il dubbio che la sua anima sia rimasta in quella casa aspettando il ritorno del figlio per poterlo salutare ancora una volta, per fargli ritrovare i suoi diari, per fargli sapere che lo amava e per rivolgergli la domanda che più di tutte le stava a cuore, l’unica che lui riesce a leggere su un foglio di carta nel momento onirico in cui cerca di mettersi in contatto con lei: Ti sono mancata quanto tu sei mancato a me? 

Nessun commento: